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Un ricordo di Arnalda Guja Forni, editrice e scrittrice

Chiara

Chiara aveva 15 anni, li avrà per sempre.

Chiara era un solare fiore del nostro sud, un girasole che della sua terra ricordava il sole e il mare.

Chiara aveva una famiglia che l’aveva desiderata, aspettata, amata e che, per darle un futuro migliore, per allontanarla dai pericoli che troppo spesso aggrediscono i nostri ragazzi, avevano pensato di rovesciare, per lei, la loro vita: venire al nord; e qui si innamorarono di un piccolo paese della Valsamoggia, Monteveglio.

Paese bello, pieno di storia e di verde, paese pulito e ben attrezzato.

Per Giusi e Vincenzo, il terreno migliore per trapiantare il loro fiore.

Chiara è felice, si fa degli amici, la scuola le piace, e poi  c’è quel castello, dove scorre tanta parte della vita del paese, e che la riporta alle fantasie di bambina, fra principesse e principi, scudieri e arcieri. Ecco lei fa la sua scelta: sarà arciere, per sport, per le rievocazioni storiche, per sentirsi ancora di più legata a quella gente che ora è anche la sua comunità e che non dimentica mai la  grande contessa Matilde, la grande guerriera, forse un modello per lei.

Chiara cresce e, piano piano, da crisalide sta per divenire farfalla.

Forse è un cambiamento più interiore che fisico. Vedendola è sempre quello scricciolino di adolescente, il visetto è sorridente eppur deciso, è minuta ma sana, certa dei principi che i suoi genitori le ripetono, ma libera di esprimere i suoi sentimenti, senza i ripiegamenti e i ripensamenti tipici delle ragazzine della sua età. Non se ne vergogna, non è impacciata, è aperta agli altri, ai sentimenti, alla vita, è come il suo nome: chiara.

Vuole bene ai suoi compagni, ai suoi amici. Certamente non a tutti alla stessa maniera, ma cerca di adattare sé stessa alle loro necessità, cerca di essere una buona amica per loro: uno fra tutti la incuriosisce o forse le piace di più o forse pensa che possa essere lui il suo principe: Andrea.

Non può certo sapere che se Andrea fosse un principe lo sarebbe dell’oscurità, che la sua anima è cieca e che dentro ha tanta devastazione, tanto silenzio, tante immagini di morte.

Chiara non sa tutto questo, probabilmente non sarebbe nemmeno in grado di capirlo, per sua stessa natura.

O forse intuiva qualche cosa, per quell’innato intuito femminile che tende a trasformare tante donne nelle ancelle del complesso della crocerossina.

Non lo sapremo mai.

Sappiamo solo che lei cercava di donargli un poco della sua luce.

Ma tutto quel calore e voglia di vita e di colore che emanava da lei, non è riuscito a rischiarare il cuore e la mente di Andrea, anzi lui non l’ha più sopportato, non voleva alzarsi alla vita; lei ingenuamente insisteva e allora lui l’ha risucchiata nel gorgo oscuro della sua mente, con tanta rabbia che ucciderla non gli è bastato, l’ha colpita con tanti, tanti calci fino al punto di rompersi un piede: “… non ricordo quanto sia durato, ricordo che lei non voleva morire. Non pensavo che il corpo umano fosse così resistente…” (dalla trascrizione della sua confessione).

Chiara non voleva morire.

Se nell’iconografia popolare è la luce di Maria che calpesta il serpente, senza assolutamente voler essere blasfema o anche solo irrispettosa, qui è l’oscurità che ricopre e disprezza la Vita fino al punto di schiacciarla con il piede fino a togliere la Luce.

Si rovescia la genesi, si arriva al tanathos.

Si vede, ed è tangibile, l’oscurità di una mente eppure tutto sfuggì a preparati e impotenti dei della psiche.

Chiara muore e rimarrà una bambina eterna, per la  quale è assurdo usare il termine “femminicidio”. La sua femminilità non è mai nata, è rimasta crisalide. Non è morta per gelosia, per amore sbagliato, per rancore, per rabbia, per misoginia, per violenza, per il fatto di essere un progetto di donna …

Lei è nel “mai più” per il buio e i fantasmi di una mente, di un’anima e, particolarmente, per l’incapacità o l’impossibilità di sapienti nel riconoscere ed assumersi responsabilità di fronte al male assoluto, per mancanza di attenzione, per la banalità del male, per noia, per un vuoto legislativo e medico…

Andrea è rinchiuso, più in sé stesso che dalle sbarre della prigione, non è capace di ammettere e riconoscere la sua colpa, continua a guardare lo sprofondo che ha dentro e che, quasi certamente, lo affascina senza vedere il male che ha arrecato, si sente probabilmente privilegiato per esser guidato dai suoi demoni interiori, si sente onnipotente perché può togliere la vita, si vanta e fissa il suo momento di gloria con delle foto vicino al corpo devastato della ragazzina, di Chiara non si cura.

Chiara è tranquilla il 27 giugno 2021, è vicina a casa, nel sole, nel parco del “suo” castello, ha un amico che cammina accanto a lei, ha promesso a mamma di tornare presto.

Di che parleranno? Parole di luce o di buio?

Chiara aveva 15 anni, li avrà per sempre.

Arnalda Guja Forni Cavalieri

 AQUA MATER non è solo un grande avvenimento artistico, ma è anche una straordinaria occasione per approfondire i temi ambientali di maggiore attualità.

💧 Parallelamente alle attività didattiche per le scuole e le famiglie, sono previsti una serie di incontri internazionali sui temi dell’Acqua e dell’Antropocene a cura di Telmo Pievani e di Andrea Rinaldo, vincitore dello Stockholm Water Prize 2023 (“il premio Nobel dell’acqua”).

🎧 Inclusa nel biglietto d’ingresso alla mostra, inoltre, i visitatori avranno a disposizione un’audioguida in italiano e in inglese con la storia personale di Sebastião Salgado e i suoi ricordi legati alle foto esposte.

👉 Acquista il biglietto OPEN: https://bit.ly/4bBjfJj

AQUA MATER (-14)
📍 Sottoporticato di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura
📆 22 marzo 2024 al 14 luglio 2024

(Fotografia di © Sebastião SALGADO)

Lanciata

27 marzo 2024

Perché questa petizione è importante

Lanciata da Cecilia Matteucci Lavarini

Genus Bononiae, percorso museale oggi articolato in quattro musei e una biblioteca, fondato nel 2003, viene dismesso da chi venti anni fa lo ha concepito, la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

Con un bando (scaduto il 20 marzo scorso) la Fondazione cerca un nuovo soggetto privato per la gestione e la valorizzazione di quattro dei siti museali costituenti Genus Bononiae: Palazzo Fava, San Colombano, Santa Maria della Vita e San Giorgio in Poggiale.
Un ulteriore accordo, fatto dalla Fondazione Carisbo con il Comune, prevede poi che Palazzo Pepoli, quinto sito, sede del Museo della Storia di Bologna, venga consegnato vuoto al Comune per fare spazio al Museo Morandi. 
Questa impresa prevede che il Museo della Città sia destinato a finire in un magazzino mentre di contro la sede definitiva del Museo Morandi resterà incerta fino alla sentenza del giudice.

Da un lato quindi si chiamano società di impresa, con primari interessi di redditività (risparmio di costi e commercialità di prodotti) a occupare funzioni pubbliche dei loro ex potenziali committenti.
Dall’altro lato, senza che se ne capiscano i reali motivi, il Comune anche altre istituzioni culturali gestendole al minimo, come accade per le sedi museali civiche.

Genus Bononiae racchiude luoghi di grande valore culturale, edifici storici restaurati e riaperti al pubblico, ciascuno secondo una propria specifica vocazione, al cui interno operano figure professionali di grande competenza.

Chiediamo che Fondazione Carisbo e Comune tornino sui loro passi e trovino altre formule di collaborazione. 
Chiediamo che Genus Bononiae mantenga, rinnovi e rafforzi la propria funzione nella politica culturale della città.

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A Ferrara il 16 marzo la presentazione delle fasi che condurranno all’apertura del museo dedicato al grande cineasta

Dopo importanti lavori di riqualificazione all’ex Padiglione d’Arte Contemporanea di Palazzo Massari, a Ferrara, prossimamente inaugurerà lo Spazio Antonioni
Due piani completamente ridisegnati ospiteranno infatti una parte corposa dello straordinario fondo di oltre 47mila tra oggetti e documenti di proprietà del Comune di Ferrara, per scoprire e addentrarsi nell’universo intellettuale, estetico e affettivo del grande e indimenticato cineasta, attraverso film, sceneggiature originali, fotografie di scena, dischi, premi, la biblioteca e la corrispondenza, intrattenuta con i protagonisti del cinema del secolo scorso come, ad esempio, Akira Kurosawa Federico Fellini e Andrej Tarkovskij e della cultura mondiale quali Roland Barthes, Umberto Eco, Giorgio Morandi.

La Città di Ferrara ha voluto fortemente la realizzazione di questo museo permanente che, oltre ad accogliere i materiali dell’archivio – oggetto di una importante campagna di valorizzazione sostenuta dalla Regione Emilia-Romagna – diverrà anche sede di iniziative temporanee che metteranno in luce l’influenza di Michelangelo Antonioni sul cinema e le arti contemporanee, grazie anche al progetto architettonico fluido e dinamico ideato dallo studio Alvisi-Kirimoto.
Le fasi che condurranno all’apertura del museo saranno illustrate sabato 16 marzo alle ore 11 presso la Sala Estense. Interverranno il sindaco di Ferrara, Alan Fabbri, l’assessore alla Cultura del Comune, Marco Gulinelli e quello ai Lavori Pubblici Andrea Maggi, la regista e moglie del cineasta, Enrica Fico AntonioniChiara Vorrasi conservatrice e responsabile delle Gallerie d’Arte moderna e contemporanea di Ferrara, gli architetti Massimo AlvisiJunko Kirimoto e Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Ferrara Arte.

FRANCO FONTANA. MODENA DENTRO

Nell’ambito delle celebrazioni per i 90 anni di Franco Fontana, inaugura negli spazi rinnovati della Nuova ala di Palazzo dei Musei la mostra dedicata allo stretto legame tra il grande maestro e le arti visive


Inaugurazione: mercoledì 27 marzo 2024, ore 18
Nuova Ala Palazzo dei Musei (ex Ospedale Estense) 
Viale Vittorio Veneto 9, Modena
ingresso libero
Franco Fontana ©, ARTEMIDE, 1970 (dettaglio).
Inaugura il 27 marzo dalle 18 negli spazi rinnovati della Nuova ala di Palazzo dei Musei (Ex Ospedale Estense) la mostra Franco Fontana. Modena dentro, omaggio al grande maestro della fotografia allo scoccare dei suoi 90 anni. 
 
La mostra, a cura di Lorenzo Respi, presenta fino al 16 giugno 2024, una selezione di circa 15 opere di Fontana messe a confronto con opere di artisti contemporanei italiani e stranieri, provenienti da collezioni pubbliche e private nazionali.
La scelta delle opere di Franco Fontana si focalizza sulla committenza a partire dagli anni ‘70 che ha sempre dato carta bianca alla creatività dell’autore. 
Nelle foto dell’artista convivono le radici di una tradizione fortemente identitaria, modello affermato in molteplici campi – dalla storia dell’arte al design, dall’innovazione tecnologica al Made in Italy, dalla sensibilità per il bello all’estensione della sua applicazione nella vita quotidiana – e lo sguardo verso un orizzonte più ampio, quello della cultura visiva e dei suoi protagonisti, un patrimonio iconografico impercettibile impresso negli scatti realizzati in oltre sessant’anni di carriera.  
 
La geometria e il colore, il visibile e soprattutto l’invisibile, il tempo e l’attimo sono gli elementi con i quali Franco Fontana scompone la realtà e ricompone l’immagine di ciò che già esiste al di là dell’obiettivo della macchina fotografica. 
 
In mostra sono presenti, per un confronto iconografico immediato e suggestivo, proprio le opere di alcuni artisti moderni e contemporanei cari a Franco Fontana, tra i quali Mimmo Rotella, Christo, Giuseppe Uncini, Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto, Mauro Reggiani, Piero Gilardi
 
La mostra è realizzata in collaborazione con Franco Fontana StudioFondazione Arnaldo Pomodoro e Studio Celant ed è stata resa possibile grazie ai prestiti di collezionisti privati.
 
Franco Fontana nasce a Modena il 9 dicembre 1933. Comincia a fotografare alla fine degli anni 50 dedicandosi a un’attività̀ amatoriale. La sua prima mostra personale è a Modena nel 1968 e data da quell’anno una svolta sostanziale nella sua ricerca. Ha pubblicato oltre 60 libri con editori nazionali e internazionali. Ha esposto in tutto il mondo in Gallerie e Musei con oltre 400 partecipazioni tra collettive e personali. Le sue opere sono in oltre 50 collezioni di Musei.