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Archive for the ‘Comunicazione’ Category

Da Exibart

“A tre anni dalla scomparsa, i Musei Civici di Reggio Emilia celebrano uno dei più importanti intellettuali e creativi reggiani con la mostra Giulio Bizzarri. Arte Divertissement Pubblicitá, a cura di Alessandro Gazzotti e Ernesto Tuliozi, che sarà visibile fino al 17 marzo 2024 a Palazzo dei Musei (ingresso libero).

Nato a Reggio Emilia nel 1947, Bizzarri si è affermato come professionista nel campo della comunicazione. Formatosi negli ambienti intellettuali delle neoavanguardie, Bizzarri collabora con Rosanna Chiessi a fianco di Corrado Costa e degli artisti modenesi, tra cui Franco Guerzoni, con il quale stringe un sodalizio di amicizia e lavoro duraturo nel tempo.
In ambito pubblicitario è stato direttore creativo negli anni ’80 nel gruppo BBDO Italia, lavorando per grandi aziende italiane; alle attività strettamente pubblicitarie ha sempre alternato esperienze di progettazione di eventi culturali tra le quali celebri la rassegna “I Porci Comodi”, organizzata dal Comune di Reggio Emilia nel 1981, e la mostra, e le pubblicazioni allegate di Esplorazioni sulla via Emilia assieme a Luigi Ghirri.
Nel 1989 è cofondatore, assieme a Paolo Bettini e Gian Franco Gasparini, dell’Università del Progetto (UdP), ambiente progettuale teso a formare abilità orientate verso le professioni del design, della grafica e della comunicazione. Nel 1992 ha vinto l’oro dell’Art Director Club come miglior direttore creativo per una campagna di Aspirina della Bayer.

Dopo la sua scomparsa, un gruppo di intellettuali, amici e familiari che comprende Paolo Barbaro, Enrico Bizzarri, Franco Bonilauri, Michelina Borsari, Nino Castagnoli, Ermanno Cavazzoni, Franco Guerzoni, Mariapia Manghi ha promosso presso il Comune di Reggio Emilia la realizzazione di una mostra che ricostruisse la figura complessa e poliedrica di questo inesauribile creativo.
Ma chi è Giulio Bizzarri? La prima domanda, la più banale, è in questo caso la più complessa: è un artista, un grafico, un pubblicitario? Un curatore, nel senso più attuale del termine, un direttore artistico, un docente? Sicuramente è stato tutto questo. Poi un’altra domanda: dov’è Giulio Bizzarri? La sua firma, la sua intelligenza è spesso nascosta da una sua forma naturale di ritrosia, di non voler apparire come “autore”.
Eppure Bizzarri ha una sua identità culturale ben precisa, che questa mostra e il catalogo hanno cercato di ricostruire attraversando gli archivi che documentano la sua intera attività, quella pubblica e anche, in parte, quella più privata, strumento utilissimo per decifrarne la complessa poetica. Per fare questo si è reso necessario un codice che mettesse ordine alla variegata produzione di Bizzarri: la forma del dizionario. Se il catalogo è la messa in ordine dalla A alla Z di gran parte del suo lavoro, la mostra ha selezionato alcuni di queste voci e le ha rimontate nello spazio per approfondire alcuni temi e metterli a confronto.

Si parte da lui stesso, dalla B di Giulio Bizzarri. Nasce in una Reggio immersa nella cultura d’avanguardia e sviluppa una poetica molto personale, in parte scaturita dalle sue frequentazioni, in parte da autodidatta, che lo porta a privilegiare con estrema libertà scelte di gusto e di affinità intellettuale senza condizionamenti disciplinari. È attratto dalle immagini, che compulsa dai suoi repertori, e che utilizza forzandone le potenzialità e i limiti, rifacendosi ai suoi numi tutelari: Duchamp e i surrealisti in primis.
Questo suo modo di vedere l’arte: uno strumento dai molteplici utilizzi che porta con sé e applica in tutti i campi della sua attività, anche da grafico e art director, con coerenza e capacità di invenzione. Nella P di pubblicità sono raccolte molte delle sue campagne di comunicazione sia su prodotti commerciali che manifestazioni culturali.
I sodalizi con Corrado Costa poi con Franco Guerzoni, Luigi Ghirri, Ermanno Cavazzoni per citare i rapporti più longevi amplificano la sua capacità di cogliere nelle manifestazioni culturali opportunità di sviluppo che ancora oggi ci stupiscono. La E di eventi raccoglie le rassegne che Bizzarri contribuisce a ideare cambiando lo sguardo sul nostro territorio e inserendolo in una riflessione che ha fondato non solo un’estetica, ma in qualche modo anche un’antropologia.
Si chiude poi con l’esperienza dell’Università del Progetto, che in qualche modo è la sintesi di tutto il suo lavoro trasposta nell’insegnamento.
Tutto ciò a partire dal suo studio, che non lascia praticamente mai e che è il laboratorio del suo pensiero. Come lo scrittore Xavier de Maistre, Bizzarri compie un “viaggio intorno alla sua camera” ricostruendo, ritagliando, strappando e smontando nuovi modi di guardare e di ascoltare il mondo.”

LA MOSTRA
Organizzata in sezioni, la mostra rimonta alcune voci dell’organizzazione enciclopedica del catalogo per evidenziare le emergenze più significative dalle sua produzione cercando di ricostruire il suo metodo che, attraverso l’ars combinatoria e lo scarto surrealista, favorisse una visione sempre rinnovata, e pertanto mai scontata, della realtà. Un processo che lo ha portato a considerare la direzione artistica il mestiere cucito su misura, sempre inteso in termini di ricerca, nella pubblicità e nella comunicazione in ambito culturale cosi come nella didattica. Il materiale esposto proviene, oltre che dall’archivio degli eredi, da collezioni pubbliche e private.
La mostra Giulio Bizzarri. Arte Divertissement Pubblicitá è promossa dal Comune di Reggio Emilia – Musei civici con il contributo Art Bonus di IREN S.p.A e Fondazione Manodori. Vede inoltre il sostegno in qualità di sponsor di Coopservice e di Thedotcompany e la collaborazione di Archivio Storico Barilla – Parma – Italia.

ORARI MOSTRA : ingresso libero
martedì, mercoledì, giovedì 10.00 – 13.00
venerdì, sabato, domenica e festivi 10.00 – 18.00. lunedì chiuso

Info: www.musei.re.it

Musei Civici Reggio Emilia
uffici: via Palazzolo, 2 (da lun a ven: 09.00 – 13.00 / mar, gio: 14.00 17.00) Tel: 0522 456477
Palazzo dei Musei, via Spallanzani, 1 Tel: 0522 456816 musei@comune.re.it

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 Marcello Faletra

Qual è la differenza tra un selfie e un autoritratto?”, si chiedeva nel 2015 Annalise Stephan. Esperti di storia dell’arte, sociologi, studiosi di varie discipline convengono nel separare le due pratiche (hanno un pubblico e un ruolo sociale diverso), anche se in comune a volte potrebbero avere ciò che i linguisti chiamano deittico: eccomi qui! Cioè un atto dimostrativo, o una prova d’esistenza (sono io!). In questa prospettiva, che vede interfacciare il particolare e il globale, si fa strada una specie di arte popolare attraverso una carta d’identità digitale. In tal senso il selfie è “una nuova forma di conversazione” (Mirzoeff) o una forma contemporanea di comunicazione di massa; una comunicazione muta però, che assorbe tutta l’energia del sociale, senza più rifrangerla. Questo aspetto pone il selfie alla stregua di una pratica compulsiva del consumo di immagini, come accade con i meme, cioè con la convergenza del mentale e del mediale.
Là dove tutti i visi si uniformano nell’algoritmo che li traduce – la forma del contenuto – affiora una specie ancora indefinita d’immagine romanzesca: un racconto dell’io, fittizio o meno che sia. Questo fatto, decisivo, incide sull’impresa della propria apparenza. Il selfie è in tal senso una specie di promozione sociale del sé che succede ai ben noti 15 minuti di celebrità di Warhol.

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