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Archive for settembre 2022

By TOMMASO PERGOLIZZI

Fino all’8 gennaio, il MAST di Bologna apre al pubblico la mostra IMAGE CAPITAL. Curata da Francesco Zanot l’esposizione nasce dalla collaborazione tra il grande fotografo Armin Linke e la storica della fotografia Estelle Blaschke, ricercatrice dell’Università di Basilea.

Un progetto visivo e di ricerca che ha richiesto oltre quattro anni di lavoro e racconta una storia della fotografia diversa. Quella dei suoi innumerevoli utilizzi pratici e della sua funzione come tecnologia dell’informazione. IMAGE CAPITAL è un ambizioso progetto artistico che investiga la fotografia come sistema di creazione, elaborazione, archiviazione, protezione e scambio di informazioni visive: un vero e proprio capitale il cui possesso corrisponde a un autentico vantaggio strategico.

IMAGE CAPITAL MAST bologna
Armin Linke, Sito di stoccaggio di Iron Mountain, Boyers (PA), USA, 2018. Courtesy: l’artista e Vistamare Milano/Pescara
IMAGE CAPITAL, la fotografia come come sistema di creazione, elaborazione, archiviazione, protezione e scambio di informazioni visive
Armin Linke e Estelle Blaschke esplorano quindi attraverso immagini, testi e altri materiali le diverse modalità attraverso cui la fotografia viene utilizzata all’interno di differenti tipologie di processi di produzione; in particolare in ambito scientifico, culturale e industriale. Grazie alla fotografia, infatti, i sistemi di comunicazione e di accesso alle informazioni sono migliorati esponenzialmente fino a consentire lo sviluppo delle industrie globali e di vasti apparati governativi.

“Dentro questo circuito – spiega Francesco Zanot – le immagini fotografiche assumono un peculiare valore descrivibile come una vera e propria forma di capitale. La spinta all’utilizzo della fotografia come tecnologia dell’informazione è avvenuta intorno alla metà del Novecento, quando i processi gestionali e amministrativi di aziende e istituzioni si stavano espandendo e necessitavano di essere ottimizzati”.

IMAGE CAPITAL MAST bologna
Armin Linke, CERN, Large Hadron Collider (LHC), Ginevra, Svizzera, 2019.
Una narrazione-esperienza immersiva e stratificata, IMAGE CAPITAL esplora la fotografia attraverso il suo contributo ai processi di produzione
IMAGE CAPITAL esplora dunque questi processi in un percorso che parte dall’inizio della loro storia e arriva fino alle tecnologie più recenti e aggiornate. La mostra è suddivisa in sei sezioni: MEMORY, ACCESS, PROTECTION, MINING, IMAGING, CURRENCY.

A partire dai testi di Estelle Blaschke e dalle opere fotografiche di Armin Linke, IMAGE CAPITAL, comprende una vasta selezione di interviste, video, immagini d’archivio, pubblicazioni e altri oggetti originali. Nonostante la loro diversità, tutti questi materiali sono disposti negli spazi espositivi del MAST su uno stesso piano, senza gerarchie né priorità, con l’obiettivo di offrire agli spettatori una narrazione-esperienza tanto immersiva quanto stratificata.

IMAGE CAPITAL MAST bologna
Armin Linke, CERN, Large Hadron Collider (LHC), sala di controllo, Ginevra, Svizzera. Courtesy: l’artista e Vistamare Milano/Pescara
Il progetto espositivo è realizzato in collaborazione tra FONDAZIONE MAST, Bologna; MUSEUM FOLKWANG, Essen; CENTRE POMPIDOU, Paris e DEUTSCHE BÖRSE PHOTOGRAPHY FOUNDATION, Frankfurt/Eschborn.”

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Da “l’Avvenire “


Giancarlo Papi 

“Nella tappa italiana del tour mondiale della mostra, il mondo di oggi riassunto in 300 scatti di 130 fotografi che s’interrogano sul tema della “civilità”

Ola fOtto Becker, Point 660,2,08/2008 67°09’04’’N, 50°01’58’’W, Altitude 360M, Dalla serie Above Zero, 2008 © Olaf Otto Becker

Olaf Otto Becker, Point 660,2,08/2008 67°09’04’’N, 50°01’58’’W, Altitude 360M,

Dalla serie Above Zero, 2008 © Olaf Otto Becker – © Olaf Otto Becker

Il giorno in cui uno scrittore piuttosto noto vide al Centre Pompidou di Parigi un turista fotografarsi meticolosamente i piedi perché, evidentemente stanco di riprendere le pareti e il soffitto del museo, aveva deciso di rivolgere la sua residuale capacità di attenzione al parquet, ebbene, quel giorno capì che era ormai carta straccia la frase che Minor White, grande e solitario fotografo di Minneapolis, aveva scritto una volta: «Io, per esercizio, fotografo sempre mentalmente ogni cosa ». Non valeva, perché nel frattempo era saltato l’avverbio, e senza quel ‘mentalmente’ la frase faceva tutto un altro effetto, scampanellava nell’orecchio come un cattivo segno, quasi come quello che annunci una malattia mentale. Il fatto che oggi il pianeta sia punzecchiato da miliardi di clic, e interamente fasciato da un multistrato di immagini fotografiche lampeggiate da schermi di computer, fa pensare che si è arrivati al capolinea, all’ora in cui la famosa epoca della riproducibilità di massa va in overdose. E così, qua e là, sempre più spesso, da parte di fotografi anche importanti si sente raccomandare astinenza, una specie di ecologia dello scatto e dello sguardo, come ha fatto Joachim Schmidt che tempo fa ha dichiarato che non avrebbe mai più scattato «nessuna nuova fotografia finché non saranno utilizzate fino in fondo quelle già esistenti». Capirai, aspetta e spera.

Intanto, sarà il caso di vedere questa mostra che documenta l’attimo decisivo (secondo il sommo occhio zen di Henri Cartier-Bresson) di una pratica veloce e aderente miracolosamente alla pelle mutevole del mondo. È un’esposizione itinerante che si intitola Civilization ed è allestita ai Musei San Domenico di Forlì (fino all’8 gennaio) e siccome rientra nelle iniziative previste per il ‘Festival del Buon vivere’ che annualmente si tiene nella città romagnola, l’originale sottotitolo della mostra che era The way we live nowè stato modificato nel più leggiadro Vivere, Sopravvivere, Buon Vivere. Curata da William A. Ewing e Holly Roussell con Justine Chapalay, in collaborazione, per l’edizione italiana, con Walter Guadagnini, Monica Fantini e Fabio Lazzari, la mostra tocca il nostro Paese dopo aver fatto tappa a Seoul, Pechino, Auckland, Melbourne e Marsiglia. Coprodotta dalla Foundation for the Exhibition of photography e dal National Museum of modern and contemporary art of Korea in collaborazione con la Fondazione Cassa dei risparmi di Forlì, la rassegna presenta oltre 300 scatti di 130 fotografi, provenienti da cinque continenti, che affrontano i temi del presente e del futuro del mondo contemporaneo, sempre più caratterizzato dai fenomeni dell’interconnessione e della globalizzazione.

I curatori, interrogandosi sul concetto di civiltà che ciclicamente ogni epoca e ogni generazione hanno tentato e tentano di definire, danno vita a un’esposizione ampia, una sorta di archivio planetario su abitudini, comportamenti, attività che rappresentano un’iconografia del presente, a partire dagli effetti, talvolta straordinari e a volte drammatici, delle relazioni tra individui, collettività, tra culture del nostro tempo inevitabilmente connesse con quelle e di ieri. Come documenta la sala introduttiva che ci parla del passato col fotografo paesaggista Richard de Tscharner che riprende le Piramidi Nubiane ormai circondate da pali della luce e strade asfaltate, del presente con Thomas Struth che fotografa, per ricordarci le nostre profonde radici, il Pergamonmuseun di Berlino dove è stato ricostruito un edificio monumentale dell’antica Grecia, del futuro con Vincent Fournier le cui foto di centri spaziali uniscono interesse documentario e sogno.

Il percorso espositivo si sviluppa poi attraverso otto sezioni tematiche che approfondiscono gli aspetti più caratterizzanti del vivere contemporaneo e allora ecco le immagini delle grandi metropoli in cui sciami umani assimilabili a pixel di sfumati cromatismi (Cyril Porchet), capaci di contrarsi in spazi di cinque metri quadrati (Benny Lam) oppure di dilatarsi in smisurate baraccopoli che erodono fatalmente l’habitat (Pablo Lopez Luz); brulicanti operai inghiottiti da giganteschi hangar (Edward Burtynsky) contrapposti alle ordinate geometrie di silenti centri di stoccaggio (Alex Maclean, Henrik Spohler) o a spiagge affollate (Massimo Vitali) e avveniristici parchi di divertimento (Reiner Riedler). Quella che ci viene mostrata è una realtà per lo più urbana e in costante mutazione in cui si sostanziano la protervia svettante dei grattacieli in folle competizione con l’orizzontalità del deserto (Philippe Chancel); ora le sagome in preghiera, modulari e inginocchiate di una smisurata moschea (Ahmad Zamroni); ora i pendolari stipati nella metropolitana giapponese (Michael Wolf) con volti compressi su finestrini appannati; ora le barche dei rifugiati dense di corpi sofferenti (Daniel Berehulak, Francesco Zizola). Così che alla fine ciò che sembra prevalere, scorrendo la mostra, è un senso di precarietà e fragilità che segna la nostra civiltà contemporanea, un senso acuito dagli scatti di Alex Majoli sulla pandemia da Covid e di Paolo Pellegrin sulla guerra in Ucraina.”

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Sabato 1° ottobre Palazzo Tanari si anima di iniziative:

degustazioni e percorsi sensoriali firmati Essse Caffè e La Spaziale

A Bologna si celebra la Giornata Internazionale del Caffè: sabato 1° ottobre in via Galliera 18, Palazzo Tanari, lo store di Essse Caffè sarà aperto al pubblico – dalle ore 10 alle 16 – con una serie di iniziative in collaborazione con La Spaziale incentrate sulla ritualità del caffè espresso italiano tradizionale, celebrandone il suo bagaglio di significati immateriali.

La giornata – ad accesso libero e gratuito e dal titolo “Il rito dell’espresso italiano tradizionale tra storia, cultura e innovazione per raccontarne e valorizzarne complessità e convivialità”- sarà l’occasione per promuovere e sostenere la candidatura del rituale dell’espresso italiano a patrimonio dell’UNESCO e si inserisce nel più ampio quadro di eventi congiunti coordinati dal Consorzio di Tutela del caffè Espresso Italiano – di cui Essse Caffè fa parte – e che animeranno tutte le città, da nord a sud, sostenenti la proposta.

La carrellata di eventi che prenderanno vita a Bologna si propone di raccontare, conoscere e far vivere l’espresso italiano tradizionale dal punto di vista artistico, culturale, sociale, tecnico, innovativo e sensoriale con la presenza di esperti del settore e attori professionisti.

Tra gli ospiti, infatti, ci sarà Marco Magnani, attore volto noto del panorama teatrale nazionale, che animerà la giornata focalizzando l’attenzione sul rito del caffè e la sua candidatura UNESCO.

Non mancherà ovviamente la degustazione di caffè espresso gratuita per l’intera giornata; la qualità sarà quella firmata Essse Caffè e La Spaziale, due storiche aziende bolognesi del settore, da sempre attente a progetti di respiro culturale e scientifico che coinvolgono l’intero comparto.

Tra le attività proposte il 1° ottobre in via Galliera, percorsi conoscitivi ed esperienziali del caffè, dai crudi all’area tostatura (che verrà effettuata dal vivo), fino alla degustazione e a esposizioni visive che forniranno un quadro completo e inedito sulla fruizione dell’espresso tradizionale italiano.

L’obiettivo è quello di raccogliere più firme possibile, ma si può sostenere la candidatura UNESCO anche online dove bastano due click: è sufficiente andare sul sito http://www.ritodelcaffe.it (raggiungibile anche tramite QR code) e firmare per la candidatura

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Giuliana Scimè nelle foto di Letizia Battaglia probabilmente ad Arles

Da Artribune un aggiornamento di Giulia Ronchi

È morta Giuliana Scimè, nata a Milano nel 1939. È stata una delle più conosciute e importanti storiche e critiche della fotografia in Italia e ha saputo far riconoscere il suo stile autoriale grazie a un approccio improntato sull’esperienza individuale dei fotografi, di cui restituiva ritratti compiuti e approfonditi. In particolare, la sua azione si è sempre concentrata anche sulla valorizzazione di quegli artisti considerati “minori”, riuscendo nell’intento di farli uscire dalla nicchia ristretta degli intenditori di fotografia e presentarli a un pubblico più vasto.

La fotografia secondo Giuliana Scimè

Giuliana Scimè si è laureata con una cattedra nel 1976 all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano ed è stata docente di Storia della Fotografia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Ha collaborato regolarmente con il Corriere della Sera, PrintLetter dal 1979, European Photography dalla sua nascita, Foto e Fotozoom (Messico) dal 1978, scrivendo dei suoi principali interessi: oltre alla fotografia contemporanea e a quella di inizio Novecento, anche pittura, tecnica mista e video arte. “All’epoca, PrintLetter e Camera furono le prime riviste che fecero scoprire questi Paesi ricchissimi di storia e di fotografia, come può essere il Messico, e come può essere Cuba”, raccontava in un’intervista pubblicata su Issuu. “Di Alberto Korda non si sapeva niente; si vedeva la fotografia del Che, ma non si sapeva nemmeno chi l’avesse ripresa”. Negli anni ’80 Giuliana Scimè è stata curatrice di programmi culturali della RAI, oltre ad aver fatto parte del dipartimento fotografico della Galleria Flaviana di Locarno in Svizzera dal 1979. Tra le sue pubblicazioni troviamo Il fotografo. Mestiere dell’arte (edito da Il Saggiatore, 2002), Homo viator. Percorsi negli spazi dello spirito (brossura), I grandi temi della fotografia – La foto sociale. Ha curato monografie e cataloghi, tra cui Tina Modotti. Fuoco che non muore, Francesca Galliani. Real, Antonio Guccione: Fashion and Faces, Paolo Ielli. Time Limits. Archeologia del futuro e Franco Fontana. Fotografie 1960-2000. “Giuliana Scimé, per sempre tanto mancata”, a darle il commiato è Fondazione Sozzani, sulla sua pagina Facebook. “Una critica fotografica unica una grande scrittrice, una vera amica. RIP”.

Da qualche anno viveva all’estero

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Cinema ancora protagonista a Todi. La settima arte è, infatti, al centro del festival di fotografia contemporanea “Todimmagina” in programma in città da sabato 1° a domenica 9 ottobre, con mostre e conferenze che esploreranno il rapporto molto stretto tra cinema e fotografia attraverso le opere di professionisti di ieri e di oggi. Un rapporto non solo interno alla realizzazione dei film, con il ruolo strategico del direttore della fotografia, ma anche in tutta una serie di generi fotografici e relative professioni che si sono sviluppati parallelamente, dal fotografo di scena, all’autore di special sul set, al ritrattista, al fotografo di red carpet.

E proprio questi generi saranno al centro delle esposizioni allestite nella Sala delle Pietre, al Torcularium del Nido dell’Aquila e all’ex bar e al Ridotto del Teatro, con la Sala Vetrata dei Palazzi Comunali sede di un ciclo di conferenze. CliCiak scatti di Cinema, 25 anni del Concorsonazionale per fotografi di scena, Angelo Novi fotografo di “MammaRoma”, Fulvia Pedroni Farassino “Tratti e ritratti”  e Daniele Venturelli  con “Red Carpet” sono le mostre previste alla Sala delle Pietre. “Primi piani: le icone del cinema italiano fotografate da Pino Settanni” sarà ospitata presso il Torcularium del Nido dell’Aquila, mentre Andrea Merola con “Morte a Venezia” e Fabio Lovino, con “Metafisica del cinema”, avranno il loro spazio presso gli ambienti annessi al Teatro Comunale.

Denso il programma di conferenze presso la Sala Vetrata, che ospiterà anche il lavoro di Mark Edward Smith “Il volo del corpo: omaggio a Muybridge”. Gli incontri inizieranno sabato 1° ottobre alle 10.30 con ” Fotografare il cinema”, tavola rotonda sulla fotografia di scena con Antonio Maraldi, Fabio Lovino e Angelo Raffaele Turetta preceduta dalla proiezione di una video intervista di Luciano Corvaglia ad Angelo Turetta e di un videoritratto di Fabio Lovino. Nel pomeriggio, alle 17, “Un uomo da red carpet” con Daniele Venturelli che racconterà il suo lavoro di fotografo sui red carpet più importanti del mondo.

Domenica 2 ottobre alle 11, invece, Antonietta De Lillo presenterà il suo libro fotografico “Ritratti di cinema”, con a seguire la proiezione del video ritratto Angelo Novi fotografo di scena di Antonietta De Lillo e Giorgio Magliulo. In fine settimana successivo sarà aperto, sabato 8 ottobre, alle 11, da Claudio Corrivetti per la presentazione delle ultime novità della casa editrice Postcart, al quale seguirà, alle 16, l’incontro “Un fotografo si racconta: Gerald Bruneau, Una vita come quelle dei film” e, domenica 9 ottobre, alle 11, la presentazione del libro “Io sto acaso” di Stefano Dell’Accio, vincitore della call “Todimmagina_at_home2020 – Fotografi in quarantena durante la pandemia”.

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