Villa Florio all’Olivuzza.
Foto: Wikimedia Commons/GiuseppeT
Dopo i due fortunati e premiati romanzi sulla Saga della famiglia Florio che riuscì a fare equiparare, progettualmente, l’Italia del Nord e quella Sud e, in previsione del film sulla Saga prodotto da Disney
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C’è una famiglia che tra Ottocento e Novecento ha fatto di Palermo una delle capitali del jet set internazionale, meta abituale di teste coronate, capitani d’industria, artisti e architetti di fama invitati da quella che è stata una delle dinastie più importanti e potenti segnandone l’epoca: i Florio. Talmente in auge per quattro generazioni e caduti nel dimenticatoio in modo inversamente proporzionale oggi, fino a quando la penna di Stefania Auci non ne ha raccontato le vicende con un libro, un romanzo storico, uscito nel 2019 diventando un bestseller: I leoni di Sicilia ha finora venduto un milione di copie in 35 edizioni, già pubblicato negli Stati Uniti, in Olanda e in Spagna, in corso di traduzione in 31 Paesi. Disney+ ne ha prodotto una serie televisiva e altrettanto vuole fare Rai Fiction. E il seguito della saga familiare, L’inverno dei leoni, nel 2022 ha vinto il premio Bancarella.
Come in molti casi come questo, i luoghi dove sono ambientati i fatti di fenomeni editoriali o televisivi diventano meta turistica di ritorno (basti pensare al Commissario Montalbano o a Don Matteo, anche se in principio il pellegrinaggio ‘da televisione’ fu per il Mulino Bianco Barilla). Non per nulla Stefania Auci è stata portata dalla Regione Siciliana come testimonial del proprio stand alla Bit-Borsa del turismo internazionale di Milano del 2022 in quanto elemento di promozione territoriale dell’isola. Qui si tratta di storia vera e in questi anni a Palermo è nata una riscoperta dei palazzi e delle tracce lasciate dai Florio in città: dalle ville ai cantieri navali (all’epoca i più grandi del Mediterraneo), dal sanatorio poi diventato grande albergo di lusso allo stabilimento per la lavorazione del tonno a Favignana. Questi calabresi giunti a Palermo, infatti, per cambiare vita trovarono la fortuna grazie all’instancabile lavoro e inventiva che li ha fatti passare da commercianti di spezie (“pepe, citrino, chiodi di garofano, tormentilla, cannella… nomi esotici che acquistano sapore sulla lingua ed evocano immagini di sole e calore”, come scrive abilmente Auci nel libro) ad imprenditori con seimila dipendenti, armatori con una flotta di cento navi, inventori del tonno in scatola, promotori di una gara automobilistica per le strade della Sicilia (la Targa Florio che oggi ha anche un museo), far diventare il Marsala quel vino liquoroso che oggi è portandolo a diventare il vino della nobiltà europea, la ceramica, il commercio del tabacco e del cotone (la filanda di cotone si trovava in via Angiò, su due piani con giardino ed oggi ospita l’Istituto dei Ciechi “Florio”, voluto dallo stesso Ignazio Florio)…
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