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Arriva in Italia – ai Musei di San Domenico di Forlì – la mostra “Civilization”

FORLÌ\ aise\ – 

Con 300 immagini di oltre 130 fotografe e fotografi provenienti da cinque continenti, torna ai Musei di San Domenico la fotografia internazionale protagonista di “Civilization: Vivere, Sopravvivere, Buon Vivere”, la mostra che dal 17 settembre 2022 all’8 gennaio 2023 affronta temi del presente e del futuro del mondo contemporaneo, sempre più caratterizzato dai fenomeni della interconnessione e della globalizzazione.
“Civilization: Vivere, Sopravvivere, Buon Vivere” è il racconto per immagini della civiltà planetaria del XXI secolo come grande impresa collettiva, capace di produrre innovazioni, scoperte e opportunità senza precedenti ma anche rischi e minacce alla sopravvivenza stessa dell’umanità.
Dopo essere stata esposta a Seoul, Pechino, Auckland, Melbourne e Marsiglia, Civilization arriva a Forlì nella sua forma più ricca e completa, confermando il ruolo di polo di produzione culturale che la città si è ritagliata negli ultimi anni nel prestigioso circuito delle più importanti mostre fotografiche.
Co-prodotta dalla Foundation for the Exhibition of Photography (Minneapolis/ New York/ Parigi/ Losanna) e dal National Museum of Modern and Contemporary Art of Korea di Seoul, in collaborazione con Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, la mostra promuove una profonda riflessione su temi fondamentali della contemporaneità, a partire dagli effetti, talvolta straordinari e a volte drammatici, delle relazioni tra individui, collettività, generazioni e culture del nostro tempo.
Parte del programma culturale del Festival del Buon Vivere, Civilization è un appuntamento imperdibile per il mondo della fotografia, in cui fotografi nazionali e internazionali presentano immagini dedicate alle grandi conquiste tecnologiche, agli interventi dell’uomo sull’ambiente, ai grandi fenomeni di aggregazione e ai movimenti fisici ed immateriali che caratterizzano il mondo in cui viviamo.
“Il tema implicito di Civilization – dichiarano i responsabili del coordinamento dell’edizione forlivese Walter Guadagnini, Monica Fantini e Fabio Lazzari – è quello delle relazioni tra esseri umani e delle conseguenze inevitabili che ogni scelta individuale e collettiva è destinata ad avere in un contesto in cui gli individui vivono in modo sempre più interdipendente e interconnesso. Per questo Civilization rappresenta in modo paradigmatico la volontà di utilizzare il linguaggio universale e potente della fotografia come strumento prezioso per la riflessione che il festival del Buon Vivere propone sui temi della relazione come elemento centrale per la progettazione della società del presente e del futuro”.
La mostra è articolata in otto sezioni dedicate ad altrettanti temi, che permettono di affrontare una panoramica esaustiva e trasversale sulla contemporaneità e che nella formulazione proposta a Forlì si arricchisce di un focus inedito, che rende unica l’esposizione e ne completa l’analisi con un affondo che vede protagonisti i migliori nomi della fotografia contemporanea nazionale.
Accanto a esponenti cardine della fotografia internazionale come Edward Burtynsky, Candida Höfer, Richard Mosse, Alec Soth, Larry Sultan, Thomas Struth, Penelope Umbrico e altri, merita infatti di essere sottolineata la notevole presenza di autori italiani – come Olivo Barbieri, Michele Borzoni, Gabriele Galimberti, Walter Niedermayr, Carlo Valsecchi, Massimo Vitali, Luca Zanier, Francesco Zizola – segno della progressiva crescita di reputazione della nostra fotografia.
Si parte dalle immagini di grandi metropoli al centro di ALVEARE/ HIVE, per esplorare le reti urbane che danno forma alle città moderne e descrivere i complicati flussi delle attività umane in contesti in continuo cambiamento, raccontate da Robert Polidori e Pablo López Luz, o dagli edifici iconici come la Burj Khalifa Tower di Philippe Chancel e le Torres de Satélite di Olivo Barbieri.
Alle persone e alle loro relazioni è dedicata la sezione SOLI INSIEME/ ALONE TOGETHER, che si concentra sulla crescente digitalizzazione come elemento e strumento di queste relazioni, ben rappresentate dai ritratti di Pieter Hugo e di Katy Grannan e dalle immagini di soldati che comunicano attraverso Skype di Adam Ferguson.
In FLUSSO/ FLOW i Carpoolers di Alejandro Cartagena, le immagini degli aerei di Mike Kelley e Jeffrey Milstein o i containers di Alex MacLean rivelano i movimenti visibili ed invisibili delle persone, delle merci e delle idee attraverso il mondo contemporaneo, evidenziando l’impatto che questo flusso ha su tutti noi.
In PERSUASIONE/ PERSUASION troviamo le fotografie di grandi eventi collettivi, come quelle di Mark Power e Nick Hannes, o le immagini dedicate alla pubblicità di Robert Walker, Andrew Esiebo, Lauren Greenfield e Priscilla Briggs per esporre i meccanismi di persuasione utilizzati dalla pubblicità, dalla religione e dalla politica.
Nella sezione CONTROLLO/ CONTROL, autori come Lynne Cohen, Philippe Chancel e Luca Zanier danno forma all’impatto delle varie tipologie di autorità e alla volontà di dare ordine e struttura al nostro sviluppo futuro.
ROTTURA/ RUPTURE esamina i fenomeni di disgregazione sociale, rivelando i conflitti tra gli individui e imponendo una presa di coscienza dei fallimenti della civilizzazione, immortalati in modo esemplare nelle immagini di Mandy Barker, Xing Danwen e Penelope Umbrico. In questa sezione, la mostra di Forlì ha voluto emblematicamente inserire per la prima volta le immagini di due eventi capitali che negli ultimi anni hanno mostrato i rischi e la fragilità della civiltà contemporanea: la pandemia e la guerra in Ucraina.
A fare da contraltare troviamo le immagini di parchi dei divertimenti come quelle di Reiner Riedler o le spiagge affollate di Massimo Vitali e Zhang Xiao al centro di FUGA/ ESCAPE, che prendono in esame i fenomeni del tempo libero e dei momenti ricreativi, rivelando i meccanismi, le contraddizioni e i paradossi dell’industria del divertimento.
Con le immagini avveniristiche di Valérie Belin, Simon Norfolk e Vincent Fournier, o ancora le fotografie di un razzo partito dalla base spaziale della Guinea francese e del più grande radiotelescopio del mondo di Michael Najjar, E POI…/ NEXT chiude la ricognizione su come il mondo del ventunesimo secolo sta prendendo forma, con la sua rapida evoluzione globale. (aise)

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Pia de’ Tolomei dipinta da Arturo Viligiardi

La mostra su Dante a Ravenna è nostra storia collettiva

.Pia De Tolomei che Dante incontra nel Purgatorio…”Ricordati di me” …Il pittore di La Pia Tolomei in questo dipinto è Arturo Vigilardi ( 1869-1936) Se al piano terreno la mostra parla di Dante nella letteratura nella filosofia e nell’influenza storico politica, documentato nelle opere che si riferiscono a lui, al primo piano una mostra di dipinti di grande formato, con un effetto molto suggestivo .Pia De Tolomei Nel canto V del Purgatorio, tra i morti che hanno subito violenza e si sono pentiti solo in fin di vita, appare una donna molto dolce, che scambia alcune parole con Dante assieme ad altre anime. Svela di chiamarsi Pia e vuole essere ricordata in Terra per accelerare il suo purgarsi.Ella enuncia gentilmente e brevemente al pellegrino il luogo in cui nacque, Siena, e in cui fu uccisa, la Maremma. Allude amaramente al suo assassino, il marito, come a colui che, dandole la morte, non rispettò la promessa di indissolubile fedeltà dell’anello nuziale. Pia racconta la sua storia a Dante con una concisione quasi cronachistica, a sottolineare il suo completo distacco dalla vita e dal mondo terreno: tutta l’enfasi di Pia è nel suo «Ricorditi». È l’unica anima nel canto dalla quale traspare un velo di cortesia, chiedendo al poeta di ricordarla tra i vivi, solo quando si sarà riposato dal lungo viaggio. Dopo il tumultuoso crescendo del racconto dell’anima precedente, Bonconte da Montefeltro, il canto si chiude con il tono elegiaco e malinconico dell’appello di Pia.Quel «Ricordati di me… » così struggente è diventato uno dei versi più famosi del poema (anche se non è l’unica anima a formulare tale richiesta) ed è permeato di femminile levità, sottolineata dall’uso dell’articolo determinativo davanti al nome («la Pia»), tipico del linguaggio familiare. Pia ha bisogno che Dante preghi per lei, perché sa che nessuno della sua famiglia lo farebbe: lo chiede per accelerare la sua salita verso il paradiso.

Gustave Dorè Pia De Tolomei

La storia di Pia

Pia de’ Tolomei è un personaggio di identificazione assai incerta, anche se secondo molti degli antichi commentatori sarebbe stata della famiglia dei Tolomei di Siena: andata in sposa a Nello dei Pannocchieschi, podestà di Volterra e capitano della Taglia guelfa nel 1284, sarebbe stata uccisa dal marito che la fece precipitare dal balcone del suo castello della Pietra, in Maremma. La causa del delitto sarebbe, secondo alcuni, la punizione di un’infedeltà, secondo altri la volontà di lui di passare a seconde nozze.Dante la include tra tra i morti per forza e peccatori fino all’ultima ora, che attendono nel secondo balzo dell’Antipurgatorio (Purg., V, 130-136): la penitente prende la parola dopo Bonconte da Montefeltro e in pochi versi di squisita dolcezza si rivolge a Dante, chiedendogli di ricordarsi di lei dopo che sarà tornato nel mondo e che avrà riposato per il lungo cammino. Si presenta come la Pia, nata a Siena e uccisa in Maremma, come ben sa colui che l’aveva chiesta in sposa regalandole l’anello nuziale.

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Giuseppe Abbati Camposanto di Pisa
Giuseppe Abbati San Miniato Monte interno
Giuseppe Abbati interno della Chiesa di San Miniato Monte a Firenze
Giulio Aristide Sartorio Dal ciclo il poema della vita umana

Il Grand Tour che, a metà dell’800 ebbe un impulso , ammirando nelle vestigia del passato il presente . Un pittore come Giuseppe Abbati (1836-1868) illustrava una Firenze chiaro scura e i camposanti , cimiteri monumentali . Ed è sulla morte in senso dantesco dove inizia la nuova avventura dell’uomo che si ispira anche Giulio Aristide Sartorio a cui dedica questo umano passaggio , per chi volesse vederla è a Venezia alla Fondazione Musei Civici, il ciclo “Il poema della vita umana”. Ancora oggi Dante è centrale nella nostra letteratura e nella nostra arte.

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Bonifacio VIII che Dante aveva messo all’inferno quand’era ancora in vita
Il piviale di Bonifacio VIII che occupava un’intera parete

Forlì, città ghibellina degli Ordelaffi, fra il 1302 e il 1313 ospitò in varie occasioni l’esule Poeta. In questo luogo, a metà strada tra la natìa città e quella che ospita i suoi resti mortali, sarà allestita la grande mostra “Dante. La visione dell’arte”.

L’esposizione intende restituire una rilettura della figura di Dante e della sua opera attraverso le immagini che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, in un arco temporale che va dal Duecento al Novecento. L’obiettivo è stato di presentare le molteplici traduzioni figurative della potenza visionaria del poeta, con una particolare attenzione alle analogie tra le sue vivide parole e circa 300 opere d’arte con cui gli artisti ne hanno dato interpretazione nei secoli: Giotto, Beato Angelico, Michelangelo, Tintoretto, fino ad arrivare a Sartorio, Previati, Casorati e altri maestri del secolo scorso.

Forlì è una città ordinata , ben amministrata e si ha l’impressione di percorrere un salotto, dehors in fiiore , ha l’Universita’ decentrata e una posizione che si presta alla organizzazione delle mostre , dopo quella su Dante ne ha messo in cantiere un’altra, Essere Umane , 300 foto di donne suddivise cronologicamente , dal novecento al millennio, ai Musei di San Domenico un luogo ideale. Alla mostra su Dante che , in realtà, affronta la radice della cultura nazionale c’e una effigie di Bonifacio VIII, Dante lo aveva messo nell’inferno prima che fosse morto, per dire. Lo stesso premio Nobel Dario Fo ne aveva fatto una parodia , a ragione, perché il mantello esposto di Bonifax è intessuto con fili d’oro e non presenta nessun elemento di austerità come dovrebbe essere per un successore di Cristo.Un intervento di Dario Fo sul “Mistero Buffo ” in cui viene citato l’episodio della linguada (quando fece attaccare i frati ribelli per la lingua) .

Il Premio Nobel Dario Fo “Il Mistero Buffo ” e la descrizione di Bonifacio VIII

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“Quanti Ulisse! E quante Odissee! Il protagonista dell’Odissea è il più antico e il più moderno personaggio della letteratura occidentale. Egli getta un’ombra lunga sull’immaginario dell’uomo, in ogni tempo. L’arte ne ha espresso e reinterpretato costantemente il mito. Raccontare di Ulisse ha significato raccontare di sé, da ogni riva del tempo e raccontarlo utilizzando i propri alfabeti simbolici, la propria forma artistica, attribuendogli il significato del momento storico e del proprio sistema di valori.
Dall’Odissea alla Commedia dantesca, da Tennyson a Joyce e a tutto il Novecento, di volta in volta, Ulisse è l’eroe dell’esperienza umana, della sopportazione, dell’intelligenza, della parola, della conoscenza, della sopravvivenza e dell’inganno. E’ “l’uomo dalle molte astuzie e “dalle molte forme”.
Dopo la Guerra di Troia, quando affronta le sue avventure nel viaggio del lungo ritorno, egli è già un personaggio famoso. Ma quel viaggio è anche la faticosa riconquista di sé, della propria identità, attraverso il recupero narrativo della sua vicenda alla corte di Alcinoo, attraverso la memoria del ritorno. Così come accade all’arte, che narra narrandosi, che racconta l’oggetto e la sua forma stilistica.

La nuova grande esposizione ai Musei San Domenico di Forlì presenta oltre 200 opere tra le più significative di ogni tempo. Dall’antico al Novecento. Pittura, scultura, miniature, mosaici, ceramiche, arazzi e opere grafiche ricomprendono il viaggio di Ulisse come viaggio dell’arte.
Fin dall’antichità gli artisti non hanno cercato di illustrare in forma puramente didascalica l’intera Odissea. Se l’età arcaica privilegia gli episodi di Polifemo, di Circe, di Scilla e delle Sirene, l’età classica aggiunge gli incontri e i riconoscimenti: l’incontro con Tiresia, Atena, Nausicaa e Telemaco, il dolore e l’inganno della tela di Penelope, il riconoscimento della nutrice Euriclea, la strage dei Proci. L’ellenismo aggiunge l’incontro domestico e commovente con il cane Argo, l’abbraccio e il riconoscimento tra Ulisse e Penelope, l’arte romana infine, oltre a ripetere i modelli precedenti, raffigura, quale epilogo consolatorio, l’abbraccio tra Ulisse e il padre Laerte. L’arte antica non è interessata a mettere in scena il poema epico, quanto un uomo che attraverso le sue molteplici e dolorose esperienze ha imparato a conoscere se stesso…”

https://www.mostraulisse.it/it/ulisse-l-arte-e-il-mito/

Orario di visita
GIUGNO, SETTEMBRE, OTTOBRE
da martedì a venerdì: 9.30-19.00
sabato, domenica, giorni festivi:
9.30-20.00
LUGLIO E AGOSTO
da martedì a giovedì e domenica:
9.30-13.30 / 17.00-22.30
venerdì, sabato, giorni festivi:
9.30-13.30 / 17.00-23.00
La biglietteria
chiude un’ora prima

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